L'origine e lo sviluppo dei container (II) —— Il dilemma sul molo
Dilemma sul molo
A metà degli anni '50, quando il trasporto container era ancora un concetto, la maggior parte dei centri commerciali del mondo aveva delle banchine, ma il trasporto merci era un'industria intraurbana, con milioni di lavoratori salariati che facevano affidamento sul lavoro umano per spostare le merci tra le strade cittadine e le banchine. Sulle banchine, orde di lavoratori salivano su cingoli con pesanti carichi sulle spalle, scavavano nelle stive e accatastavano scatole o barili pieni di merci in qualsiasi angolo possibile.
Sebbene le navi esistessero da migliaia di anni, il trasporto marittimo era ancora un'impresa complessa; presso la fabbrica o il magazzino dello spedizioniere, le merci dovevano essere suddivise in porzioni più piccole e caricate su camion o treni, che le portavano ai moli dove venivano smistate dai portuali. L'automazione emerse già durante la Seconda Guerra Mondiale, ma il suo utilizzo fu molto limitato, come nel caso dei carrelli elevatori, che iniziarono a essere utilizzati nell'industria negli anni '20 e furono impiegati solo per spostare i pallet dai magazzini alle navi negli anni '50. Alcuni moli erano dotati di nastri trasportatori installati per lo scarico delle merci. Nonostante la disponibilità di questi dispositivi, la manodopera era spesso la soluzione definitiva.
A quei tempi, il trasporto portuale si trovava in una situazione difficile, con trasporti inefficienti, movimentazione costosa delle merci e crescente concorrenza per i lavoratori portuali. Il modo per ridurre i costi di carico era ovvio, quindi perché non caricare le merci in grandi container semplicemente spostandoli, invece di caricare e scaricare ripetutamente grandi carichi alla rinfusa?
